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FONDO LIBRARIO ANTICO


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Dal libro antico al libro moderno: un percorso attraverso i libri del fondo antico del Museo Civico Goffredo Bellini

Gli antenati del libro, fossero una tavoletta d’argilla incisa, papiri dipinti, epigrafi marmoree, tavolette spalmate di cera, rotoli di pergamena o codici, cioè fogli di pergamena cuciti insieme, avevano una caratteristica comune: l’essere un esemplare unico. Solo con l’invenzione e la diffusione della stampa ha avuto inizio la standardizzazione e la produzione in serie del libro.La produzione in serie del libro fu resa possibile verso la metà del XV secolo, grazie all’invenzione di un orafo che, perfezionata la struttura del torchio da vino ed inventati i caratteri mobili di metallo, ovvero piccoli parallelepipedi di una lega di piombo stagno antimonio e rame, prodotti in serie e tali da poter essere allineati, realizzò per primo compiutamente la stampa manuale.

L’invenzione di Gutenberg si fonda su un’intuizione semplice ma geniale: l’aver saputo vedere nel libro un insieme di elementi assemblati ed averlo saputo scomporre fino ai suoi due nuclei principali ovvero il foglio da stampare e le singole lettere. I presupposti tecnici della stampa vanno infatti individuati, oltre che nell’invenzione dei caratteri mobili e nell’evoluzione del torchio, anche nella diffusione di un supporto scrittorio come la carta a mano, fabbricata dagli stracci, più economica della pergamena, e nella messa a punto di un inchiostro grasso, la cui vischiosità fosse regolabile a seconda delle stagioni. I fogli, una volta stampati venivano appesi ad asciugare in attesa di essere imballati e spediti ai vari librai venditori, da cui veniva realizzata anche la legatura che quindi, in genere, non era editoriale ma personalizzata in base al gusto e al desiderio dell’acquirente.

Fu l’introduzione di procedure meccaniche che sfruttavano l’energia a vapore nonché l’invenzione della rotativa della linotype e della monotype a decretare la fine della stampa manuale, che continuò a sopravvivere come tecnica residuale per tutto l’Ottocento e parte del Novecento.

Con l’espressione “libro antico” si intende convenzionalmente il libro stampato con procedimenti manuali ovvero prodotto prima dell’introduzione nella tipografia di procedimenti meccanici. All’interno di questa periodizzazione esistono delle ripartizioni cronologiche, tra cui ad esempio quella che separa gli incunaboli da tutti gli altri libri a stampa. Tale distinzione nasce dall’importanza documentaria che rivestono questi primi monumenti dell’arte tipografica e da alcune loro caratteristiche materiali, che scompariranno progressivamente nel corso del XVI secolo. Esse sono ad esempio la frequente assenza del frontespizio, la varietà dei caratteri tipografici, l’assenza di date topiche e sottoscrizioni, il permanere di forme di decorazione, come ad esempio le iniziali miniate , per copie particolari che prolungano la tradizione del manoscritto, intrecciando la produzione in serie della stampa con quella artigianale della scrittura a mano.

Fino al definitivo affermarsi del frontespizio, la formula conclusiva dei libri a stampa, in cui venivano riprodotte le informazioni relative a nome dello stampatore, luogo e data di stampa, talvolta nome del mecenate editore e insegna commerciale dello stampatore o del libraio era compresa nel colophon .

Con l’ampliarsi del mercato, lo sviluppo della concorrenza e quello conseguente delle esigenze pubblicitarie il frontespizio comincia a rivestire un’importanza sempre maggiore e all’interno del mercato librario emerge la figura del libraio editore, che esce dall’anonimato, proponendosi con il proprio marchio, sinonimo e garanzia di qualità; i titoli tendono a raggiungere formule stabili, approvazioni ecclesiastiche e privilegi acquistano un posto di primaria importanza e infine la presenza di elementi puramente decorativi mostra una maggiore attenzione alla presentazione del libro e alla figura del lettore, segno evidente di un mutamento di rapporti all’interno del mercato librario. Si diffonde altresì la falsificazione delle marche tipografiche , così come l’abitudine di riciclare copie invendute o cambiare il destinatario dell’opera alterando il frontespizio.

Altre periodizzazioni, che hanno dato vita alle definizioni di cinquecentine e di seicentine sono dettate più dall’abitudine di scandire i cataloghi di libri antichi per secoli che non da ragioni storiche.

Da un punto di vista catalografico lo standard internazionale conosciuto come ISBD ha recentemente raccomandato la data del 1830 come spartiacque per i libri antichi, ma si tratta di una divisione puramente convenzionale.
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